Brutta brutta è la disabilità. Lo dicono tutti, lo sostengono a gran voce. Tutti sono comprensivi, buoni, altruisti…a parole.
Recentemente faccio affermazioni che urtano la suscettibilità delle masse. Stuzzico, provoco, faccio esplodere la calma apparente. Se c’è una cosa che mi dà fastidio è proprio la calma apparente, quella che non fa sfogare l’ira. Io, che sono pur sempre una pacifista nata, preferisco i “fuochi d’artificio” a quello stato di latente rabbia che si nutre di un finto buonismo. Io amo la lealtà e l’onestà e, a volte, proprio per difenderle e preferirle, scelgo di dire, sostenere, parlare piuttosto che tacere. Parlo con garbo, questo sì, e non faccio certo come quelli che ti sputano addosso la loro ineducazione in forza di una pseudo-verità che, secondo loro, deve venire fuori anche in maniera scorretta e brutale.
Deve venire fuori, è vero, quello che pensiamo, ma non dobbiamo pensare di essere depositari di verità assolute e indiscutibili.
Sulla disabilità avrei da dire tante cose, troppe cose. Io ho a che fare con casi molto gravi ogni giorno perché questa cosa si veste con il volto di tanti bambini a cui cerco di dare il meglio di me stessa in ogni attimo. Non sono insegnante di sostegno, non ho, volutamente, fatto corsi che mi abilitassero a ricoprire questo importante ruolo, ma sono comunque coinvolta in un meraviglioso progetto fatto di piani tesi ad annullare e abbattere muri di diversità e falsa comprensione, di pietismo.
In queste situazioni difficilissime, me la cavo sempre alla grande e, non lo nascondo, a volte io stessa rimango strabiliata dei risultati che ottengo, senza vantarmene mai però. Mi sono chiesta spesso del perché io riesca a creare sempre e comunque un canale di comunicazione tra me e questi bambini, del perché trovi sempre la via da percorrere per entrare nella loro anima e aprire comunque la finestra di un sorriso che nulla ha a che vedere con i sorrisi che ricevo ogni giorno.
Ogni volta è un’avventura diversa e mai uguale all’altra e, pur essendo tortuoso e periglioso, il percorso diventa affascinante.
Io disabile lo sono a volte, quando sono incapace di guidare perché la nebbia copre le cose che ho davanti e quando gli scotomi non mi facilitano la vita.
Sono disabile quando vorrei esprimere un concetto e tutto si affolla lasciando il posto al terrore di fare brutta figura.
Sono disabile quando invece di una parola a lungo pensata, ne viene fuori una incomprensibile che mai la mia mente avrebbe potuto partorire.
Sono disabile quando mi cadono gli oggetti dalle mani o, inspiegabilmente, cado senza attenuanti.
Io sono meravigliosamente disabile in tutte queste situazioni e mi sento meravigliosamente fortunata di avere così l’opportunità nella vita di capire appieno cosa si prova nell’essere diversamente abile. Già, perché la parola “diverso” non esiste, non esiste la diversità, esiste solo qualcuno che a volte non risponde ai canoni assurdi di chi della vita non ci ha capito molto.
By Vicky