Anche le vacanze finiscono. Il sole caldo continua a riscaldare i cuori e le spiagge, ma arriva sempre inesorabile la data in cui si raccolgono i bagagli che all’andata erano stati fatti con allegria. Gli abiti che hai sfoggiato e indossato con leggerezza perché non si stropicciassero nei bellissimi giorni ormai andati, li appallottoli quasi prima di buttarli in valigia, in fretta. Ma quest’anno per me è diverso, non è come negli anni passati, quando dire addio al mare e agli amici dell’estate corrispondeva alla frenesia del rientro in città e poi al ritorno nel modo del lavoro, dove i problemi erano lì ad aspettarmi, con la loro crudeltà quasi a cancellare ogni piccola traccia di spensieratezza. Quest’anno io sono finalmente in pensione e la mia eterna vacanza sarà ogni mattina piena della voglia di regalarmi tutti i momenti persi e lasciati alle angherie di questo o di quel capo d’istituto.
Oggi sono io a decidere cosa fare e da me dipenderà tutto: il voler fare una passeggiata sotto il sole o sotto la pioggia, il voler camminare o fermarmi, il voler riprendere fiato. Qualcuno già rimpiange la mia presenza, ma io sono qui a far scorrere le scene di un film che mi ha vista protagonista e guerriera fin da quando avevo vent’anni. Ora sarò libera di una libertà che non sarà avvilimento o nostalgia di un qualcosa che la nostalgia non la merita. Non starò lì a leccarmi le ferite riportate sul campo di battaglia. Da emicranica ora compresa e curata penserò a quanti giorni bui la sottoscritta ha trascorso a piangere senza mai buttare la spugna, anche quando mai nessuno lontanamente si sognava di farle capire di che malattia fosse malata e di che cure avrebbe avuto bisogno. Sarò tranquilla di non avere rubato nulla a nessuno.
Ma la cosa più bella che mi sia mai capitata è stata quella di trascorrere l’intero mese di vacanza al mare senza il mal di testa. Non un solo giorno saltato, non una sola nuotata fatta in barba alle fitte nelle tempie e ai flash di un’aura estenuante. Un diario della cefalea intonso. Forse questo stato di pura felicità non durerà molto a lungo, forse riprenderò a soffrire, ma son sicura che anche nella sofferenza mi godrò l’autonomia del dolore e che se avrò mai voglia di passeggiare a braccetto col dolore mai nessun medico fiscale dei più stronzi che ci siano verrà a sindacare ciò che provo e ciò che faccio. Renderò conto finalmente solo a me stessa, contenta di avere dato il meglio di me da guerriera, sconfitta a volte, ma spesso trionfante, in un mondo in cui l’incomprensione la fa da padrona.
By Vicky