Lo specchio lo conosciamo fin da bambini, quando incuriositi dal mondo che ci circonda e presi dalla frenesia di crescere e di conoscere, ci ritroviamo un giorno dentro a questo misterioso arnese. È come se lo specchio, quando noi lo scopriamo in casa, ci presentasse a noi stessi. Poi piano piano, dopo lo stupore iniziale, quando realizziamo che ogni nostro movimento dettato dal cervello ne ha uno identico davanti a noi, lo strano arnese ci conquista e stringiamo con lui il patto che ci farà andare d’accordo per tutta la vita. Lo specchio dovrà restituirci sempre l’immagine di noi stessi che abbiamo nella mente e nell’anima. Ogni mattina è come se controllassimo che lo specchio rispetti questo patto e che non ci risponda picche quando la nostra immagine non ci piace più.
Ora lo posso dire con serenità, con me lo specchio ha sgarrato tante volte e quello che ne è derivato è stata una tristezza infinita. Durante l’adolescenza non è stranamente successo. Un giorno mi resi conto che le trasformazioni a livello mentale restituivano l’immagine di una ragazza con un bel fisico e capace di destare interesse negli altri. Dentro di me c’era a volte la paura di sbagliare, ma finiva sempre che me ne fregassi se qualche persona aveva da ridire sulle mie idee di sottomissione zero.
Ma arriva sempre il momento in cui si barcolla in maniera paurosa e una patologia di cui ho preso consapevolezza solo da una quindicina di anni, cominciò a corrodere quella mente testarda e capace e quell’anima serena. Fu in questa fase che lo specchio cominciò a sgarrare. Cominciò piano piano con il restituirmi un’immagine che non mi piaceva per niente. Atteggiamento dinoccolato, fisico sfatto e maledettamente grasso, una faccia stravolta dalla sofferenza fisica e mentale. Era difficile ogni mattina accettarmi ed era difficilissimo stare a sentire le frasi di qualcuno, sfoderate come coltelli che mi ferivano attimo per attimo. Non credetti più in me stessa e tradii tutti i principi che avevo costruito nella vita. Mi arresi in poche parole e non mi amai più. Toccai il fondo del barile. Tutti si accorgevano della mia taglia da obesa, ma non andavano oltre, non tentavano nemmeno di scoprire il vaso di Pandora per fare uscire fuori la mia sofferenza.
Il patto con lo specchio e con la mia vita era saltato.
Fu un medico a cui sarò sempre riconoscente che non si fermò davanti al mio non volermi bene. Mi guardò e con una voce pacata mi restituì alla realtà. Presi improvvisamente coscienza che io stessa mi stavo ignorando e che io soltanto avevo rotto il patto con lo specchio.
Fu quando, su suo consiglio, andai in un centro della cefalea che affrontai di nuovo la mia vita e il cielo ha voluto che io abbia incontrato anche in quel centro la persona giusta, il sorriso che cura l’anima e la preparazione.
Oggi, ogni tanto, lo specchio mi restituisce un’immagine di donna non proprio in forma ma, quando vedo il suo sorriso, so che ho in pugno la situazione e che non me la lascerò sfuggire di mano.
By Vicky