Non parlo più di malattie invisibili, non mi piace.
Io parlo di cecità. La cecità, attenzione, non è soltanto quella derivante da un inesorabile difetto di vista, dalla inesorabile impossibilità di riuscire a godere delle bellezze del mondo attraverso gli occhi. La cecità può essere, purtroppo, quella dell’anima, quella che ti impedisce di scorgere nell’altro la sofferenza, di riuscire a capire e attivarsi per aiutare l’altro, chiunque egli sia.
Sono affetta da due tipi di malattia invisibili, come le definiscono i più, tanto da essere ormai convinta di essere diventata invisibile anch’io.
Ma io non mi avvalgo della facoltà di non parlare e la uso la mia voce. Le uso le mie parole cercando di metterle una dietro l’altra, non a caso.
Le pondero quando sgorgano dal mio animo ferito evitando di ferire a mia volta. Le pondero e le porto fuori tentando di colpire solo benevolmente il cuore di chi mi vuole leggere.
La cecità che colpisce l’anima è difficile da curare e da guarire, ma si può migliorare.
In un mondo in cui si diventa facilmente crudeli dietro a una tastiera.
In un mondo in cui si giudica e si dicono o scrivono cose che mai vorremmo che invece fossero rivolte a noi.
In un mondo così fragile perché siamo tutti malati di fragilità che mascheriamo con l’aggressività, molti diventano ciechi e, mentre cercano di far finta di interessarsi all’altro, pensano ai propri problemi che sono sempre più grossi di quelli degli altri.
Io non sono malata di una malattia invisibile, io sono affetta da patologie che semplicemente non vengono notate e, nel tempo sono stata costretta a vagare tra ciechi e indifferenti.
Ma anche questo tipo di cieco potrebbe vedere e vedere non è solo guardare.
Aspetto fiduciosa che anche uno Stato volutamente cieco cominci a notarci e che ci noteranno i datori di lavoro e i colleghi e i medici e tutti quelli che hanno a che fare con noi. Noi che non siamo invisibili. Siamo stanchi di doverci fare notare e curare e tutelare, questo sì.
By Vicky