Quando si pensa a Marilyn Monroe la mente va alla famosissima domanda che un reporter di “Life Magazine” le fece, chiedendole cosa indossasse prima di andare a letto. Lei rispose con una frase che passò alla storia: “Due gocce di Chanel n° 5”.
La mente va poi, però, ad un’icona di bellezza che mostrava sempre, insieme al suo straripante fascino, una nota di tristezza sul bellissimo volto. Il segreto della sua morte prematura prende piede inesorabilmente e si finisce con l’avere una grande compassione per una donna che avrebbe potuto avere tutto dalla vita, ma che la vita in realtà non aveva premiato per come avrebbe dovuto.
Emerge anche che questa bionda strepitosamente bella soffrisse di emicrania e che, come tutti quelli che ne soffrono (soprattutto donne) lottasse in maniera estenuante per non venire meno ai suoi impegni, costretta chissà quante volte a disdire eventi. Costretta, e di questo ne sanno qualcosa i comuni emicranici, ad assumere chissà cosa per rimanere sempre sulla cresta dell’onda.
Chanel n° 5 soltanto oppure altre gocce che già allora esistevano? Solo Chanel n° 5 o anche Laroxil (amitriptilina)?
Nei libri degli anni 60, il trattato di neurologia più in voga parlava di Amitriptilina alla dose di 5 gocce come un “must” per la cefalea in generale e l’emicrania in particolare. Si partiva da lì per curare la cefalea e il neoneurologo non cominciava con cinque gocce, ma partiva e lasciava il rituale di un incremento giornaliero nelle mani, ahimè, del paziente. Se già con cinque funzionava “qualcosa”, lo si ricopiava compiaciuti nella successiva ricetta e lo si confermava con soddisfazione ai controlli successivi. Se le gocce facevano avere un po’ di sonnolenza già i primi giorni, allora drastica ne era la sospensione. Se gli effetti tardavano a venire allora al controllo si proponevano arditamente altri cinque scalini di gocce. Certo all’epoca l’efficacia delle gocce quasi confermava la diagnosi. Non si usavano la dicitura di emicrania senza aura e il confronto di una foto, di una neuroimmagine per fare la diagnosi. Oggi, l’esperienza di diversi anni su una nicchia della neurologia insegna che la diagnosi si fa scorrendo la biografia del paziente. Il neurotuttologo, al contrario, ha bisogno, con la complicità indiretta del paziente, del conforto di un’immagine, un rituale che placa le ansie di entrambi, suggerisce la “diagnosi” e quasi esenta da una terapia mirata.
Ma delle cinque gocce che avrà usato Marilyn, quelle per il mal di testa, cosa ne è stato nel terzo millennio? Rispetto al check in neurologico di base, quello di un ambulatorio di primo impatto, come anche della prescrizione di un reumatologo, internista o medico di famiglia, nulla purtroppo è cambiato. Le gocce hanno retto l’uso (e l’abuso) nel tempo. Quel sapore amarognolo che a volte rimane anche sull’orlo del bicchiere e che, con i giorni, fa diventare densa la saliva, si tramanda incurante di “obbligatori” corsi di formazione. Purtroppo la teoria che si apprende durante la specialità non consente, se non dopo diversi anni di esperienza selettiva, su pazienti con cefalea, di maneggiare l’intero armamento terapeutico con la punta delle dita. Ancora oggi si vedono pazienti con cefalea che continuano a fare la trafila di una diagnosi approssimativa, ma con una terapia certa: le gocce.
Ancora oggi, purtroppo, troppi pazienti affetti da emicrania si sentono vittime di cure sbagliate o azzardate e, privi di quella comprensione e della giusta attenzione che meriterebbero di avere, finiscono con il cadere in trappole pronte a irretire la loro debolezza.
E allora il pensiero corre alla nostra amata Marilyn: come sarebbe oggi senza le sue “gocce”? Come sarebbe, forse un po’ meno giovane? Come sarebbe se non le bastassero più le sue due gocce di Chanel n° 5 per sedurre il suo pubblico? Come sarebbe se non le bastassero più neanche le cinque gocce per l’emicrania?
C’è solo da sperare che si sarebbe “appallottolata” la ricetta macabra per l’emicrania fatta solo di gocce, che avrebbe avuto lo stesso valore di un pazzo zapping televisivo o di un click veloce sul nome del neo dottor Google.
Oggi la nostra bionda e bella Marilyn avrebbe avuto forse un destino migliore e la sua espressione piena di fascino misto a tristezza avrebbe lasciato il posto ad un sorriso forse più attempato, ma di sicuro pieno di quella comprensione che ogni emicranico merita di sfoggiare, solo e semplicemente se viene curato con la giusta competenza e professionalità. Sarebbe stato diverso se qualcuno si fosse preso cura davvero del suo fascino e della sua inebriante debolezza avvolgendo la sua vita non solo di due gocce di Chanel n° 5 , ma anche di tanta ineffabile spensieratezza. Ciao Marilyn, ci manchi.
By Lucignolo